«Dicono che il mondo lo creò un suono»: così scrive Franco Scaldati, maestro del teatro contemporaneo. Non poteva quindi esserci modo migliore per dare vita scenica a “Totò e Vicé”, “operina musicata per ombre e voci”. Il regista Giuseppe Cutino sa qui orchestrare un tessuto poetico e fonico che traduce l’universo di Scaldati in un’esperienza di teatro puro, dove suono, parola e movimento diventano carne viva della scena. Le musiche di Maurizio Curcio, eseguite insieme a Pierpaolo Petta, astratte, siderali e minimaliste, creano un amalgama primordiale che avvolge scena, luce, spazio e corpi. Totò e Vicé, interpretati da Rosario Palazzolo e Anton Giulio Pandolfo, sono esseri sospesi tra vita e sogno, figure evanescenti che si perdono dentro abiti troppo grandi. Anime che non abitano ancora un corpo, bambini in attesa di nascere o morti in attesa di risorgere, vivi e morti nello stesso tempo, ci svelano come morte e vita siano l’una il rovescio dell’altra. Le voci archetipiche e potenti di Sabrina Petyx ed Egle Mazzamuto si smaterializzano in puro suono, puro racconto, pura poesia. Con la sua regia, Cutino ci traghetta in uno spazio figurale libero dai vincoli della coerenza e della logica, trasformando il testo di Scaldati in una partitura visiva e sonora che evoca un altrove metafisico, in cui vita e morte, visibile e invisibile, si fondono e superano i confini del reale, un’opera di raro equilibrio e intensa profondità. Per questo a Giuseppe Cutino va il Premio Anct 2024.
GIULIO BAFFI