Un amore incondizionato è sufficiente a garantire la felicità? Un’amara risposta a questa domanda ci viene da Andrew Bovell (1962), drammaturgo australiano autore di Cose che so essere vere (Things I Know to Be True), che Valerio Binasco porta in scena in una coproduzione Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale.
Giocata tra dramma e commedia, la pièce è punteggiata di battute fulminanti che suscitano il riso e irrompono inattese in una trama costruita su una successione di situazioni dolorose e destabilizzanti.
L’azione si svolge in una villetta periferica di Adelaide, in Australia, uguale a tante altre sparse per il mondo. La abitano Bob e Fran Price, lui pensionato ora dedito alla cura del giardino, lei infermiera, genitori di quattro figli, due maschi e due femmine, ai quali hanno dedicato ogni cura. Saranno le loro crisi esistenziali a innescare una sorta di redde rationem che svela verità e sofferenze fino ad allora nascoste.
A rivelare il suo lato oscuro non è solo il rapporto genitori-figli ma il rapporto stesso di coppia, diverso nella sostanza da quanto appariva. A turbare la vita di un microcosmo apparentemente coeso e armonioso è un intrico di sentimenti contrastanti che gli interpreti incarnano in maniera egregia: a cominciare da Giuliana De Sio e Valerio Binasco, nella parte dei genitori con caratteri divergenti, l’una autoritaria e decisionista, l’altro pacato e apparentemente ingenuo; e poi Stefania Medri (Pip), giovane donna in carriera che segue la voce del cuore e abbandona marito e figli per seguire il nuovo amore: una scelta coraggiosa che la madre a suo tempo non ha saputo fare; Giovanni Drago (Mark), deciso a realizzare il suo bisogno di cambiamento di genere; Fabrizio Costella (Ben), agente finanziario che ha rubato una grossa somma dalla società per la quale lavora; Giordana Faggiano (Rosie), la figlia più piccola desiderosa di conquistare una sua autonomia lontana da casa.
Tutte scelte esistenziali che i genitori, nella loro visione stereotipata della vita dei figli, non sono capaci di accettare e sostenere.
Il racconto comincia dall’evento tragico che chiude la commedia e che proietta un senso di inquietudine sullo svolgersi della vicenda in flash back. A mano a mano si succedono sei punti di vista della stessa famiglia – e non sono idilliaci – in un relativismo di sapore pirandelliano, a cui la scena rotante offre un cambio di prospettiva anche visivo.
Il giardino, che invade la scena e varia col succedersi delle stagioni, è il settimo personaggio, dramatis persona muta dove si specchiano gli umori dei protagonisti, effimera oasi di bellezza e quiete, simbolo infine della disgregazione del nucleo familiare.
Visto l’11 ottobre al Teatro Carignano di Torino
coproduzione Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
Regia: Valerio Binasco
scene e le luci: Nicolas Bovey
costumi: Alessio Rosati
suono: Filippo Conti.