Già visto in Italia al Mittelfest che lo ha coprodotto, è arrivato anche al Teatro della Toscana (altro coproduttore), sul palcoscenico di Teatro di Rifredi, il kosovaro “The Handke Project – oppure Giustizia per le follie di Peter”, scritto dal “Kafka dei Balcani” – definizione forse un po’ eccessiva – Jeton Neziraj. Il testo è stato comunque sottoposto a un adattamento/drammaturgia ad opera dell’esperta mano di Biljana Srbljanovic, conosciuta e attiva anche da noi. Artisti di Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Francia, Macedonia del Nord, Montenegro, Germania e Italia hanno lavorato, o tuttora lavorano come attori, al progetto, realizzato in scena da Blerta Neziraj, regista, con la collaborazione artistica di Alida Bremer. Lo spettacolo, in lingua inglese, è una violenta, ininterrotta invettiva teatrale contro Peter Handke, per le sue collusioni – ben note – con il regime serbo di Milosevic, con i nazionalisti di Belgrado e serbobosniaci, fino all’estremo del negazionismo dei crimini di guerra compiuti da parte serba durante la guerra dei Balcani: a cominciare dalla strage di Srebrenica. Posizioni, queste rievocate nello spettacolo, espresse più volte dallo scrittore austriaco (il cui nome, chissà perché, viene pronunciato in scena “Piter” e non “Peter”): sia in lavori letterari o interventi scritti che presenziando in Serbia a incontri e occasioni in cui ha confermato e rinsaldato il legame con Milosevic e i suoi seguaci e o successori (per il presidente Handke ha scritto pure un assolutorio discorso funebre). Una forma di provocatorio, quanto inaccettabile anticonformismo politico e ideologico, con radici nel complottismo, che allo scrittore ha rischiato di costare il Premio Nobel del 2019, contro la cui assegnazione ad Handke si sono registrati innumerevoli pronunciamenti, dalle “Madri di Srebrenica” a Erdogan a illustri colleghi scrittori e intellettuali. Ben comprensibile che in Kosovo, negli stati balcanici ex-jugoslavi e nella parte non-nazionalista della Serbia gli atteggiamenti di Handke abbiano suscitato e suscitino ancora, oltre a una fermissima condanna, anche un sentimento di ribellione rabbiosa (anche verso chi ha definito “soltanto letteratura” le prese di posizione dello scrittura). Tuttavia, al di là del fatto che non si possono non condividere la condanna e l’indignazione, sul piano artistico finisce per lasciare perplessi l’esaurirsi, di fatto, dello spettacolo in un ripetitivo e alla fine monotono ripetersi per un’ora e mezza di più o meno identici attacchi ed accuse, sia pure articolati e condotti in vari modi. Un feroce accumularsi di satira “estrema”, al vetriolo, che dileggia Handke anche nel privato e lo collega direttamente al modello e al mondo nazista si sposa con l’elencazione reiterata, “didattica”, di tutto quello di cui si è reso colpevole. Tutto ciò attraverso un linguaggio teatrale vicino a quello di una avanguardia di almeno quattro decenni fa, in un un susseguirsi di invenzione che rendono i cinque interpreti (Arben Bajraktaraj, Elja Bavcic, Adrian Morina, Kalusa Martini, Verona Koxha, Anja Drievic) più performer quasi che attori di teatro. Tra qualche eco di brechtismo e momenti (molto frequenti) che vorrebbero essere trasgressivi, per noi spettatori italiani “The Handke Project” ha soprattutto un valore informativo e il suo messaggio risulta più incisivo per l’enfasi e l’aggressività con cui è proposto. In ogni caso, il problema delle idee politicamente inaccettabili degli scrittori e poeti (da Celine a Hamsun a Pound) resta, per chi scrive, aperto: anche se può essere decisamente opportuno negare a queste figure riconoscimenti “ufficiali” e pubblici come il Premio Nobel – perché hanno comunque un valore, anche indirettamente, politico – diversa è la questione di quello che è, nonostante le idee e le perfino le complicità colpevoli, il loro valore letterario e artistico. Anche se lo spettacolo di Neziraj, ovviamente, arriva a negare con la massimo convinzione anche quel valore.
Visto a Firenze, Teatro di Rifredi, 3 febbraio 2024