Il nuovo appuntamento con “La Traviata”, all’Opera Carlo Felice di Genova dal 12 al 19 Gennaio, a otto anni da una da una prima “evento”, viene accolta in platea da molti applausi e da qualche perplessità per l’ambientazione. Nel caso di uno spettacolo iconico per eccellenza, ciascuno infatti tende a giudicare in base al proprio intimo catalogo immaginario e fatica a staccarsi da un certo sogno che aleggia introno ai salotti parigini ottocenteschi.
Niente di trasgressivo rispetto alle trasposizioni alle quali hanno costretto gli spettatori certi altri allestimenti italiani ad europei , ma anche così, con una regia di Giorgio Gallione, scene e costumi di Guido Fiorato che comunque ricollocano l’opera verdiana in un contesto più onirico che atemporale, i commenti nel foyer si accavallano e si contrappongono.
Ora, ammettiamo che anche i più favorevoli e conquistati, strada facendo, dal secondo atto in campagna con citazioni simboliche dell’Eden rurale in cuo Violetta e Alfredo si rifugiano e soprattutto dal terzo, dove il Carnevale, di Parigi che fa da controcanto alla morte della protagonista con un’irruzione nella sua stanza di maschere demoniache evocano gli echi infernali della commedia dell’arte, possano dissentire da da altre soluzioni, indicazioni arredi di scena (e dal grado di ironia che sottintendono, vedi le lampadine sull’”albero della vita” che domina il palcoscenico e il cappello del cuoco).
A questa Traviata, dal punto di di vista visivo, va comunque riconosciuto il merito di sottolineare altro approccio e una riflessione più sostanziale su una delle opere più popolari e amate.
Da parte del regista e dello scenografo che invitano a entrare in flash back nella storia come in un limbo, la ricerca di un continuo dialogo tra una vita spericolata e l’incombere della morte. Questo approccio può anche disorientare rispetto alla tradizionale festosità dei “lieti calici” ma è ben rintracciabile, più che nel libretto di Piave, ne “L signora delle camelie” di Dumasn ispirata e avviata proprio dall’asta dei mobili di Violetta che si tiene nella sua casa dopo la morte.
Meglio echi più inquietanti o più festosi?, Ai posteri (che come abbiamo visto si dividono l’ardua sentenza, ricordando che comunque anche in questo allestimento non mancano momenti di ritmo incalzante e di grande vivacità.