Ci sono serate di danza in cui, alla fine, dici a te stesso: “Valeva la pena prendere la metropolitana e venire allo spettacolo nonostante la stanchezza, valeva la pena rimandare cose urgenti da fare”.
È successo diverse volte. Non tantissime in verità. Ma qualche giorno fa è stato di nuovo così: un risveglio. Provare la sensazione che il teatro, la danza, siano occasioni per emozionarsi davvero e condividere l’ineffabile. Liberare la mente e aprire il cuore. Partecipare con gli altri al gesto come a un evento inaspettato che ci scuote nell’animo e ci toglie le parole.
Il Festival “Milanoltre” è stato questo risveglio. Un appuntamento con la danza internazionale e con la sua ricerca. Renderci partecipi di un processo artistico che ci coinvolge come persone prima ancora che appassionati.
L’edizione numero 38, dal titolo “1986 > 2024 Back to the future!” ha portato sul palcoscenico del teatro Elfo Puccini di Milano e in altri luoghi della città più di 50 appuntamenti di danza: spettacoli, lecture, masterclass, conferenze danzate. Molte le presenze dal mondo: Ismaël Mouaraki, Oona Doherty, Rafaële Giovanola, coreografa svizzera-tedesca, ex danzatrice di Forsythe al Frankfurt Ballet, e alla sua CocoonDance Company.
Tra denuncia sociale, cerimonie rituali e sperimentazioni oltre i limiti del corpo è andata in scena la danza contemporanea che parla a noi di noi.
Altrettanto ricca la presenza italiana: dalla Compagnia Zappalà Danza alla MM Contemporary Dance Company fino alla presenza del coreografo Manfredi Perego per il BTT. Senza dimenticare i protagonisti e le protagoniste del panorama emergente.
Dal 24 settembre (ma fino al 17 ottobre) il teatro Elfo Puccini di Milano e il Pac-Padiglione d’Arte Contemporanea si sono fatti portatori di questo risveglio. Che per me è stato rivelatore il 4 ottobre, quando la MM Dance Company ha presentato una serata composita.
In programma un pezzo storico di rara bellezza: il “Duo d’Eden” di Maguy Marin, in cui due novelli Adamo ed Eva si immergono in un percorso di sensualità, eros, interdipendenza. Eva muove i primi passi senza volersi mai staccare da Adamo: è insicura, incerta in quell’Eden di cui entrambi hanno paura.
Alla rappresentazione del brano storico è seguita quella di “Grosse Fugue” di Mauro Bigonzetti, dove l’omonima partitura di Ludwing van Beethoven trascina il pubblico in un vortice di movimenti frenetici, perfettamente associati alla musica come in un disegno astratto di note tracciate dal corpo.
A concludere la serata, l’opera corale “Skrik” di Adriano Bolognino per MM Company. Un grido sordo, ispirato a L’urlo di Edward Munch, che esprime le fragilità e le debolezze umane. Un grido di disperazione o di liberazione?
Raggiungere sé stessi, raggiungere gli altri, creare un contatto con la moltitudine: questi gli interrogativi che sono arrivati alla platea. Nel lavoro di Bolognino il duplice tema dell’aspirazione all’infinito e della condanna alla singolarità finita si concretizzano in una gestualità potente e delicata al tempo stesso. Spiazzante.
Siamo soli, ma al tempo stesso siamo interconnessi. Uguali a tutti. In questa disperata ricerca di liberazione dalla singolarità e di condivisione dell’esperienza individuale e del destino umani si consuma una disperazione potente. Da un lato la nostra piccolezza, dall’altro l’intuizione dell’infinito.
Fra i prossimi appuntamenti da segnalare, venerdì 11 ottobre nella Sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini, il Balletto Teatro di Torino con un lavoro del coreografo Manfredi Perego: “White Pages”, su musiche di Paolo Codognola.
Tre le tappe: “Dedica al tempo”, performer Lucia Nicolussi e produzione Tir danza, “Dedica al dinamismo”, performer e produzione Balletto Teatro di Torino, “Dedica al silenzio”, performer Chiara Montalbani e produzione Tir danza.
Manfredi Perego, artista associato, compone tre dediche coreutiche a dieci anni dal suo “Grafiche del silenzio”, mettendo a confronto tre generazioni di performer e indagando le potenzialità appartenenti alle diverse età della vita e la negoziazione con corpi diversi, stati emotivi e movimento.
Il tempo è esplorato attraverso il corpo di Lucia Nicolussi, madre settantenne dell’artista in “Dedica al tempo”. La coreografia, tra improvvisazione e partiture scritte, è il ritratto di una stagione coreutica del corpo e della mente che spesso non viene mostrata.
Un ponte fra la memoria e la rielaborazione del proprio vissuto attraverso una danza fatta di segni e gesti non cronologici ma consequenziali. Non un viaggio nella memoria, ma una liberazione del corpo.
Il tempo dinamico è invece incarnato dai giovani danzatori del Balletto Teatro di Torino che in “Dedica al dinamismo”, unendo il dinamismo del corpo e il dinamismo emotivo, generano un moto ondoso coreutico ponendosi nell’instabilità che ci proietta verso l’ignoto. Infine, insieme alla danzatrice Chiara Montalbani, il nuovo lavoro “Dedica al silenzio”.