Serata delle grandi occasioni al teatro Regio di Parma, con un partèrre accorso da ogni dove per vedere l’étoile Alessandra FERRI, interprete del celeberrimo poema coreografico L’HeureExquise, ideato da Maurice Bejart nel 1998 per Carla FRACCIe Micha Van Hoecke, tratto da variazioni su un tema di Samuel Beckett “ Oh, les beaux jours”, accanto a Thomas Whitehead.
Un’ora squisita di poetica danzante, narrata, parlata, cantata, per mano della sua protagonista Winnie (Lei), una ballerina ormai non più giovane che rimembra i giorni felici gloriosi e nostalgici, trascorsi con un ex partner Willy (Lui), attraverso l’oggetto simbolico della scarpetta da punta. Una montagna di scarpe, divenuta l’archetipo, la casa, il luogo sicuro ed accogliente ove ri-trovarsi protetta, tra le braccia dei ricordi di un compagno e l’afflato, un soffio d’ispirazione poetica a cui ancora aggrapparsi.
Béjart, con la sua inconfondibile cifra stilistica, cuce un trait d’union tra la semplicità dei passi del balletto classico e la comédie francaise, adducendo un tratto distintivo del mimo Lecoq, al personaggio di Lui, egregiamente interpretato da Whitehead, voce, specchio e contro altare del pensiero della protagonista, che gioca a dialogare con il pubblico, ora nella veste di una giovane adolescente aspirante alla carriera, o di una matura ed acclamata artista in palcoscenico, senza mai essere, melensa o patetica.
Alessandra FERRI, cattura i tiepidi applausi di un pubblico dapprima discreto, in un crescendo caloroso di tripudio generale, con la classe, lo stile e la generosità con cui si concede, propria del perfezionismo che le si addice nel donarsi attraverso il medium attivo della danza, coprendo il movimento non sempre fluido dell’ingranaggio della struttura architettonica costruita con le scarpette da punta.
La casa simbolica delle scarpette, sembra essere dapprima, la Scuola di Ballo scaligera da cui proviene la FERRI, per poipassare ad un secondo step della sua vita, al Royal Ballet a Londra, poi in America al NYCB.
Il ruolo le calza a pennello, come la scarpetta di Cinderella,parafrasando un titolo di repertorio classico. Così come altri ruoli di personaggi al femminile. Donne, avant-garde, passionali, tormentate, come Virginia Woolf visto al teatro alla Scala del coreografo Wayne McGregor, o Eleonora Duse amica di Isadora Duncan e la Léa di Chéri, ove la FERRI incarna si trasforma, per entrare sotto pelle, nell’anima, senza fronzoli.
A tratti rigida come le movenze di Coppelia nella pantomimica del personaggio ricorda le movenze della bambola, mentre la partnership, suggerisce il dialogo cult nel film muto tra Chaplin e la Fioraia e la delicatezza che le riservava, così Alessandra e Thomas in scena alternano momenti di ironia, guizzi di clownerie e leggero candore, entrando ed uscendo dal personaggio, in un impianto coreografico béjartiano che strizza l’occhio a Lindsay Kemp.
Chapeau a Maina Gielgud, che ha rimontato la coreografia, per gentile concessione della Fondation Maurice Béjart, il disegno luci di Marcello Marchi e Gielgud, i costumi di Luisa Spinatellie le Scene di Roger Bernard e le musiche di Malher, Mozart,Lehàr, Youman, con l’orchestra di Anton Webern.