Dirlo, auspicarlo, non è più una bestemmia come accadeva decenni fa e anche in tempi più vicini, prima della pandemia. In passato, come è accaduto durante molte rivoluzioni, la rinuncia alla convivialità , alla gioia, alla cordialità, all’attenzione ai dettagli nell’accoglienza, era stata una reazione, anche giusta, alla serata teatrale intesa da una certa parte del pubblico come ritualità vuota, esibizione senza contenuti.
Come al solito, e come in tanti altri campi, con questa “ scontrosità”, con questo appiattimento quasi penitenziale si è esagerato.
Il risultato? Fare perdere appeal al teatro stesso, separare l’idea di cultura, di impegno civile e intellettuale dal ventaglio di opportunità per trascorrere il tempo libero fuori casa.
In questo avvio di stagione, invece, da tutta Italia arrivano segnali di un nuovo modo adottato dal teatro per comunicare se stesso. In questo panorama rischiarato, vale la pena di sottolineare lo slancio di Genova, città troppo spesso citata, e qualche volta a ragione, per la sua musoneria, per il suo stare superbamente sotto le righe, per collocarsi ostinatamente un passo indietro rispetto alla visibilità nazionale con tutto quello che consegue a livello di finanziamenti, di politiche turistiche ( e non solo).
Questa idea, piantata anche nella testa di molti genovesi restii a schiodarsi da quel foyer privato che si chiama tv ma sempre pronti a magnificare quello che accade in altre città (che non hanno mai visto) hadue grandi smentite nella riapertura del Teatro Nazionale e dell’opera Carlo Felice.
La prima nazionale assoluta di “Maria Stuarda” di Schiller al Teatro della Corte, è stata adrenalinica e curata nei dettagli prima e dopo uno spettacolo che certamente non ha bisogno di “spolvero” perché” è già di per sé una sintesi di energia “rock” e meraviglia barocca, la traduzione scenica di un verso dell’autore usato, nei giorni che hanno preceduto la rappresentazione, come slogan “scuotimi il cuore affinchè Possa sciogliere il tuo”.
Proprio per per questo, per la consapevolezza dei contenuti che propone, per il suo scavo in un rapporto con il potere lacerante per tutti e ancor più problematico per le donne, non deve ritrarsi di fronte a questa cornice che lo ha accompagnata ma rivendicarla anche per tutti gli altri eventi che lo meritino, ora e in futuro
Stesso spirito al Carlo Felice, per accogliere “Bianca e Bernie”, rivisitazione, su note di Berlioz di “Molto rumore per nulla” di Shakespeare. L’opera ha sempre con servato questa idea della festa anche in tempiche contestavano violentemente questi rituali. Ma non è questo il punto : l’importante è che come per “Maria Stuarda” non ci sia spazio per nessun equivoco nessun: l’evento è in scena, non si discute. E se le condizioni sono queste, sarebbe davvero autolesionistico per la cultura separarlo dalla gioia di esserci, di di viverlo “dal vivo”:
Anche altri teatri genovesi, il Politeama , la Tosse, Lunaria, stanno rispondendo ciascuno a suo modo a questa lezione che è stato necessario imparare dopo due anni di difficoltà e di clausura. La speranza è che dopo aver dimostrato questa voglia di ripresa ora non siano oscurati dalle restrizioni economiche.