Costruire, salvare dalla distruzione, ricostruire. L’umanità di “Transverse orientation”, nuova creazione di Dimitris Papaioannou andata in scena a Napoli, Torino e Reggio Emilia a settembre 2021, è tenace e operosa. Irriducibile. Possiede quel fuoco che Prometeo rubò agli dei. La tèchne che tutto piega a sé. La consapevolezza in una sopravvivenza della specie che è in parte soffio divino, in parte abilità nell’adattare la natura a sé. Siamo e saremo sempre. Contro ogni rintocco, contro ogni mutamento.
Questo sembrano suggerire le immagini del teatro visivo potente e inquietante di Papaioannou. Scorre nei quadri viventi di un affresco in movimento perenne. Fatto di semplice maestria, di sapienza antica, dita che sembrano lingue sotto le maschere, una nicchia fatta con un soprabito, una prigione con una branda pieghevole e assi verticali a significare il limite. E’ un mondo in cui ci immergiamo senza certezze, come una condanna connessa all’ambizione di essere immortali. La trasformazione è incessante, non permette al pensiero di riposare in una stabilità di forme o accadimenti. Uomini nudi cavalcano e domano un toro gigante, vestiti hanno zampe di bestia. Quadrupedi o bipedi, umani o alieni, rincorrono un orizzonte che fugge.
E’ il fondale bianco e spoglio che vomita da una porta mattoni e corpi. Si costruisce una torre, la torre cade, ci si aggrappa alle macerie. Dal ventre del toro, evocazione mitologica, nasce una donna avvinghiata a un uomo. Strano vedere il femminile generato da un toro. Il maschile. La bellezza mostruosa di un sogno che forse si realizzerà. Una rivoluzione di generi e identità che provoca disorientamento.
Chi siamo oggi? Chi saremo? Una Venere botticelliana diventa Madonna con bambino. Ma il bambino sembra sciogliersi fra le sue braccia come una statua immersa in un calore troppo forte. Non è così. E’ placenta che cola sul proscenio. Sostanza vitale in cui una donna sui tacchi, non più fertile, immergerà il suo bastone.
Aprirà la porta e ne uscirà la fanciulla Santa, che affogherà in una voragine piena d’acqua, attorniata da un’aura di luce scoppiettante. Al suo posto un secchio, che gli uomini operosi, sei danzatori di padronanza tecnica indiscutibile prestati al movimento puro e vero, raccoglieranno per ricominciare daccapo il percorso.
L’orizzonte si perde in un nuovo futuro da conquistare.