Ora che finalmente si riparte dal vivo , che non si corre il rischio di trasformare ogni buona pratica maturata in tempo di clausura in un alibi per chi crede di sostituire il teatro con i suoi surrogati, si può cominciare a riflettere.
Ci sono molti spunti suggeriti dall’emergenza. Uno ci viene dalle “Onde” approdate sul sito del TeatroNazionale di Genova: quattro testi di autori stranieri tradotti da Monica Capuani e orchestrati registicamente da Barbara Alessi su musiche di Andrea Nicolini e interpretati da Eva Cambiale, Lisa Galantini, Daniela Duchi, Deniz Ozdogan .
Chi si collega può cavalcare una cronaca apparente che subito diventa allucinata riflessione sulle pulsioni materne in “Cannibali” di Josè Playa: in un parco dove una donna, si addormenta (quanto inconsapevolmente?) e non ritrova la carrozzina che le stava accanto.
Interessante seguire la drammaturga anglo egiziana Sabrina Malfour, in una “Storia dell’acqua “ che attribuisce a questo elemento un ruolo, nei conflitti mediorientali, più potente e letale di quello giocato dal petrolio. E che segue il percorso in un mondo dove continua a scorrere, anche a livello capillare, l’attività dei servizi segreti.
Impossibile sottrarsi alle spire che avvolgono chi ascolta “Contraazioni “ di Mike Bartlett, dove, in un crescendo di colloqui sempre più spietati tra una manager e una dipendente, si arriva alla consapevolezza che certe logiche di potere aziendale vanni al di là di diogni questione “di genere”. Da non perdere anche “Love and information” di Caryll Churcill .
Nel suo complesso il percorso è avvincente anche se manca di scene, movimento e costumi , come del resto era già accaduto nelle scorse stagioni per le rassegne di drammaturgia contemporanea.
Con questo non si vuole assolutamente dire che a questi lavori, in qualche caso pensati per la radio, non si auguri una vita scenica corredati da tutti quegli elementi che sul palco sosterrebbero gli incanti nel testo con altri suggeriti dagli occhi. Ci mancherebbe.
Questa nudità serve però a riportare il testo, in dialogo con le note, a tutta la sua forza e la sua importanza, a smetterla con certi atteggiamenti snobistici che, in un passato non remoto, lo facevano apparire quasi trascurabile.
Un teatro necessario nella post pandemia è quello dove parola, musica, immagini non si impegnano in una gara autolesionistica di predominio sul palco ma sappiano raccontare insieme storie. E dove sulla grande recitazione, sul suo ruolo creativo, come in questi casi non si può discutere.