«La vedevo. In scena e sugli schermi. Gli schermi della tv più che il cinema, me l’avevano avvicinata agli occhi, agli ascolti, più che il teatro. Vedevo il volto, vedevo il corpo, vedevo i suoi sguardi. E avvertivo la forza che mi allargava dentro, con i sentimenti, con il pudore, con la rabbia dolce del pudore». A scrivere è Italo Moscati nella sua introduzione al bel libro che Maricla Boggio ha dedicato ad una delle nostra attrici molto amate: “Vita di Regina — Regina Bianchi si racconta”, edito da RaiEri (pagg. 230, euro 9,90).
“Biografia autorizzata” dice il risvolto di copertina, testimonianza di prima mano, puntiglioso percorso costruito da Maricla Boggio in tempi lunghi e pazienti, incontri, riflessioni, correzioni, riscritture, fino a questa ultima, e definitiva, testimonianza di una vita attraversata dal teatro e che ha attraversato la storia del teatro italiano.
«Una delle più grandi interpreti del teatro napoletano si racconta in prima persona: episodi del quotidiano si intrecciano con l’assoluto del teatro», perché Regina Bianchi, con i suoi novant’anni ed una memoria lucidissima, non è “soltanto” la Filumena eduardiana, anche se il suo volto e il suo gesto è stato fissato in una delle “storiche” registrazioni televisive doppiando così il tempo della memoria dello spettatore per rimanere volto e gesto esemplare e incancellabile nel grido improvviso, nell’invettiva lanciata, nelle lacrime finalmente non più trattenute di uno dei personaggi più amati della storia del teatro. Così in questo libro di Maricla Boggio Regina Bianchi mette a posto il percorso della sua vita, sistema le cose e fa i conti con la sua vita d’artista andata in scena ancora in fasce.
Figlia d’arte «da diverse generazioni, una mia bisnonna recitava alla Comédie Francaise, e mia nonna, Regina D’Antigny, era francese. Mio padre si chiamava Raffaele Merola, ma la famiglia, di stampo borghese, non voleva che il cognome “si macchiasse” con il teatro, così lui aveva scelto Bianchi, e Italo di nome perché era interventista, insomma un patriota…», dice incominciando il racconto della sua lunga vita. Maricla Boggio ha preso appunti diligenti, e ci introduce così «nell’ampio salone della casa circondata da terrazze, sulle pareti fotografie di lei con attori dei primi decenni del Novecento, attestati e premi ottenuti per vari spettacoli».
Nata a Lecce il primo gennaio del 1921, pugliese, ma per caso, perché i genitori andavano in giro a recitare, con la mamma che stava per partorire in scena, tra il primo e il secondo tempo, mentre il padre le faceva forza e la implorava di finire almeno lo spettacolo. «Attrice d’altri tempi » e debutto ancora in fasce, come per tanti “figli d’arte”. Ricorda il suo gran tirocinio d’attrice giovane nella Compagnia di Raffaele Viviani prima e di Eduardo De Filippo poi, grandi maestri di vita e di teatro. Ma dimestichezza e memoria di incontri della famiglia con Eduardo e con Vincenzino Scarpetta e con tanti altri grandi protagonisti dello spettacolo.
Con Viviani fu Reginella, “prima attrice giovane”, in Campagna Napoletana e Maria in L’ultimo Scugnizzo. Così in questo volume pieno di notizie e d’immagini, indagine curiosa e conversazione confidenziale, il racconto di quei primi incontri si apre a diventare racconto di un tempo e di generazioni generose, diventa appassionante, si arricchisce fornendo informazioni e dettagli preziosi. Testimonianza di un “lavoro” che sembrava un “privilegio”. Di giorni felici, numerosi quanto quelli meno felici, di passione ed amore, di delusioni ed illusioni. Ed anche il racconto di una vita “privata” e di una famiglia molto amata. Ma anche di profonde amicizie e preziose collaborazioni. Passano sotto gli occhi del lettore gli anni lontani del cinema più “eroico” e del teatro più amato. Con tanti nomi e tanti volti evocati e ritrovati in quella “Vita di Regina” che ancora ricorda per noi e ci emoziona.
Giulio Baffi