Dagli Ubu ai Premi ANCT, tra gli altri, per ampliare le riflessioni su spazi e strategie critiche, responsabilità, competenze e soprattutto far conoscere il teatro di valore
In questo vivace momento di riflessione sulle forme, la funzione, le prospettiva della critica, è ritornato acceso anche il dibattito sui premi. Inutile, io credo, negarne la funzione: non solo accendono i riflettori su chi merita, favorendo la distribuzione degli spettacoli di maggior valore (contando naturalmente sulla sensibilità dei direttori artistici di festival e rassegne), ma moltiplicano i contatti, le discussioni tra i critici, in un continuo stimolarsi reciproco per gli spettacoli da non perdere. Rendendo così anche più numerosi i contributi critici che, a loro volta, si spera accelerino i tempi della messa in luce degli spettacoli migliori, stimolandone la distribuzione.
Mettendo tra parentesi alcuni punti scottanti – sulla scarsa visibilità del teatro sui giornali, e quindi anche dei premi; sulle facili disattenzioni dei teatri maggiori che tendono a privilegiare gli scambi – ci si vuole soffermare qui brevemente sulle questioni aperte intorno alla perfettibilità dei premi. Perché tutti noi conosciamo spettacoli, attori o registi che non hanno ricevuto i premi che meritavano, a volte poi svanita “l’occasione”, l’evento di particolare rilievo, genialità, situazioni forse legate anche a stagioni particolarmente ricche di proposte di valore in diretta competizione.
Ogni anno ritorna lo stupore nello scorrere le centinaia di titoli che Franco Quadri, per molti anni in forma cartacea, e poi via e.mail (così anche gli attuali responsabili del Premio Ubu), compilava e inviava ai giurati. Io vedo una media di trecento spettacoli all’anno, e forse anche di più – ed ogni volta ritorna la stessa impressione di insufficienza di fronte a tale elenco. E‘ vero: non inseguo le prime nazionali (anche sapendo il valore delle repliche, specie in questi anni: sempre minori i tempi di prova), e spesso s’incontrano produzioni di repertorio. Resta tuttavia sempre un sentimento d’impotenza, d’ingiustizia, con l’immenso dispiacere di non poter segnalare artisti che s’immagina potrebbero meritare (e penso anche ai creatori di musiche, scene, luci, costumi…), destinati a restare ancora in una sorta di limbo perché visti da pochi, sia per questioni territoriali, ma anche per la data del debutto.
Certo: sarebbe bello che tutti vedessero tutti gli spettacoli “in gara”. Ma chi compie la preselezione? Ricordo – bellissima – l’esperienza dello Stregagatto Eti: noi giurati dovevamo vedere tutti gli spettacoli prescelti (già!): per questo avevamo un calendario di tutte le repliche delle numerose compagnie “in gioco” (ho chiara la memoria di trasferte in piccoli paesi, ma anche, per esempio, a Cagliari). Molti i dubbi anche sull’auspicata “festa del teatro, un momento di trasparente dibattito” (Andrea Pocosgnich su Teatro e Critica). Perché avverrebbe comunque in seconda fase – e allora, volendo, si potrebbe discutere anche sulla composizione delle giurie.
Ma davvero molto utile il dibattito sul modo di migliorare il percorso dei premi, non solo per gli Ubu naturalmente. Non credo ci si debba preoccupare troppo delle categorie: nel tempo hanno vinto regie collettive, così come gruppi di attori. Per qualche anno Quadri aveva inserito una voce per la danza (coreografo/ performer se non sbaglio), ma poi era svanita. Si potrebbe provare a riflettere su questo: poche indicazioni, sempre le stesse, per figure per lo più “teatrali” (pochi i critici che sconfinano in più zone? ora la situazione potrebbe essere diversa?). Ricordo però che lo stesso Quadri aveva iniziato a ipotizzare di far salire a trentacinque l’età per “l’attor giovane”. Certamente l’Ubu tende per sua natura a mettere in luce quanto è più abitualmente visibile – ma dall’altra con i “premi speciali”, spesso in numero consistente, si cerca di venire incontro a quanto non è così facilmente circoscrivibile in voci predefinite. Ottimo!
Dunque: “il margine di errore” è noto. Per esempio: le compagnie che debuttano in maggio sanno con buona certezza che non vinceranno l’Ubu. Almeno per quanto concerne quel preciso spettacolo.
Io credo che sia importante sapere tutto questo. E tutti i critici sono ben consapevoli della specificità dei diversi premi. Quanti errori di selezione si possono ipotizzare nelle diverse tappe dello Scenario? E per gli Olimpici del Teatro?: io non ho mai partecipato alla prima fase, ma ho sempre risposto per scegliere all’interno delle diverse terne. E così via.
Per il Premio Garrone si è deciso infine di chiedere segnalazioni a tutti gli appassionati di teatro – ma è poi una giuria a prendersi la responsabilità dei nomi, per le persone da premiare.
Di carattere “misto”, se così si può dire, il Premio ANCT, Associazione Nazionale dei Critici di Teatro: s’invitano tutti gli iscritti a mandare diverse indicazioni, in libertà, senza nessuna categoria particolare (possono essere spettacoli, attori, pubblicazioni, festival…) e senza rigidi confini di tempo (a volte anche uno spettacolo entrato in repertorio, ma sempre alta è naturalmente l’attenzione alle produzioni più recenti). Una giuria – attualmente composta dallo stesso direttivo ANCT – analizza le proposte cercando di valorizzare quanto più merita, eventi “periferici” e grandi imprese, rassegne e case editrici, nuovi spazi e ricerche drammaturgiche… Sempre di grande cura nei Premi ANCT (e per i Premi gemellati delle riviste Hystrio, Sipario, Teatri delle Diversità) le motivazioni che tengono conto della specificità dei lavori, dell’impegno, dei percorsi artistici, delle poetiche.
Commettendo “errori”? S’immagina certamente sì, magari semplicemente per somma di distrazioni, comuni disattenzioni… A volte alcuni nomi ritornano per due o tre anni prima di arrivare tra i premiati: perché altri premono con più urgenza.
Tutto comunque sempre molto, molto difficile!
Intanto si può dire che, proprio perché c’è un certo grado di fallibilità in qualsiasi formula, chi non viene premiato non deve sconfortarsi/ scoraggiarsi troppo (come per i concorsi: l’errore può essere, fortunatamente, altrove). Sempre preziosissimi comunque il passa parola, il dialogo, il confronto tra i critici: spesso ci si sposta per andare a vedere spettacoli segnalati da colleghi o ci si insegue per dare/ ricevere stimoli, indicazioni, per eventi di rilievo.
Molti dei nomi usciti già dal primo giro Ubu erano stati oggetto di segnalazioni/ discussioni per i premi ANCT – e non è un caso che ritornino alcuni vincitori, come per la prima delle categorie, lo “Spettacolo dell’anno”, “The Coast of Utopia”, e nell’ultima, la gloriosissima sezione degli “Speciali”, con il Funaro.
Il dibattito – dopo Radicondoli, Napoli, Vicenza e altre situazioni sparse – tra giornali in stampa e web, spazi e strategie critiche, responsabilità e competenze, si amplia ora, con nuova urgenza, e assai felicemente, di un altro tema importante: i premi. Perché il teatro di valore, con concrete tensioni artistiche, ricco d’intelligenza e forza visionaria, sia reso visibile nel minor tempo possibile al più vasto pubblico. Un eccellente scopo!
Valeria Ottolenghi
Il presente articolo è tratto dalla rivista Teatri delle diversità, n.62, pag.36-37. Si ringraziano autore ed editore per la gentile concessione alla pubblicazione.
L’immagine Uno sguardo verso il sole di Marco Madaschi è tratta da www.fotocommunity.it