Premio della Critica 2003

Napoli, Teatro Mercadante

NAPOLI – Sono stati consegnati al Teatro Mercadante di Napoli i Premi della Critica Teatrale 2003/2004, assegnati dall’ANCT  (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro), con l’intento di segnalare gli eventi più significativi che hanno caratterizzato la vita teatrale nel nostro Paese.

Nessun obbligo di riferimento a “generi” o “categorie” specifiche, ma l’indicazione annuale di quei momenti, di quelle persone che con la loro arte, passione e lavoro hanno sviluppato la ricerca di nuove forme teatrali, sul piano strettamente artistico, ma anche scientifico e organizzativo.

Un’originale indagine conoscitiva, che ha interessato l’intera area geografica del teatro italiano, ha portato alla scelta di eventi e nomi rappresentativi della scena italiana e non. A cominciare dal miglior spettacolo, La visita della vecchia signora con Isa Danieli. Tra i premiati un eccellente quartetto d’attori che annovera Annamaria Guarnieri (per la sua interpretazione di Prospero ne La tempesta diretta da Latella), Mario Scaccia (meraviglioso Goldoni al tramonto nei Memoires di Scaparro), Warner Bentivegna (interprete incisivo de La peste di Camus a Torino con la regia di Claudio Longhi) e Michela Cescon, tenera e forte Giulietta degli spiriti nello spettacolo felliniano firmato da Valter Malosti. Con loro premiati anche Gioele Dix per l’intelligente e moderna rilettura dell’Edipo di Sofocle. Miglior regista Cesare Lievi per La brocca rotta di Kleist e l’Alcesti di Raboni, mentre a Emma Dante è stato assegnato il premio per la scrittura scenica di Medea. Riconoscimenti anche al lavoro della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo e ad Arturo Cirillo, ai giovani attori emergenti Paolo Pierobon e Filippo Timi, al Tib Teatro di Belluno, allo scenografo Giuseppe Crisolini Malatesta, allo studioso Marco Consolini, e a due operatori teatrali, Paola Pedrazzini e Federico Toni, che hanno proposto stagioni teatrali di grande interesse a Fiorenzuola (Piacenza) e Pieve di Cento (bOLOGNA). Con Zio Vanja, presentato col suo Maly di San Pietroburgo, il grande regista siberiano Lev Dodin ha ricevuto il premio per il miglior spettacolo straniero proposto quest’anno in Italia.

Di seguito le motivazioni dei premi:

LA VISITA DELLA VECCHIA SIGNORA
Trasformare un testo dal suo interno, fino a farlo diventare qualcosa in più di un tremendo apologo sulla cattiveria umana, così La Visita delle Vecchia Signora di Friedrich Dürrenmatt diventa un atto d’accusa contro una società imbelle e corrotta, mentre usa gli strumenti del teatro più efficaci e incisivi: quelli che ci arrivano dalla lezione di Brecht, e dall’immaginario scenico di Majakovskij. Un palcoscenico pieno, in continuo movimento, ricco di belle immagini, come di perfette dinamiche sceniche, incandescente, sulfureo nell’accensione di una vita di provincia fatta di inganni, finte feste, grandi e piccole viltà.  Il gelo dei sentimenti contrasta coi colori espressionisti di uno spettacolo che vive della bravura dei suoi interpreti. Una straordinaria Isa Danieli, livida e implacabile nel gesto, come nella ostesa carnalità, e Massimo Foschi, che fa del suo personaggio un uomo qualunque tragicamente contemporaneo, assicurano insieme agli altri bravissimi interpreti quel difficile equilibrio drammaturgico dato da tensioni a lungo coltivate, sempre irrisolte.
La regia di Armando Pugliese, ricca di riferimenti all’immaginario teatrale e cinematografico novecentesco, col contributo delle scene ideate da Bruno Bonincontri, i costumi di Silvia Polidori, e le musiche di Pasquale Scialò dà all’intera vicenda quel tono acre, e nello stesso tempo lieve, perfino divertente, di tragedia rovesciata in sublime commedia dell’indifferenza.

LEV DODIN
Fra i maggiori Maestri della regia teatrale contemporanea, Lev Dodin con le sue opere è riuscito a fare diventare lo spazio del teatro il luogo privilegiato del lavoro, della riflessione, dell’intelligenza e dell’impegno comune. La straordinaria qualità dei suoi spettacoli nasce da un’etica forte, trasparente, sicura,  che, prima di investire il teatro, sembra riguardare le persone (le relazioni umane) e le cose ( i diritti dell’identità e dell’appartenenza), e soltanto in un secondo momento, attraverso l’azione scenica, diventa quel sistema di segni originale che trasforma un’estetica, quotidianamente elaborata, in arte.
Una inesausta e felice vocazione pedagogica arricchisce il talento creativo di Dodin nella misura del semplice e dell’immediato, del rigore e della passione: così, che i suoi spettacoli hanno il dono, insieme, della chiarezza e della complessità.
Col suo mirabile Zio Vanja, e il bellissimo finale, non si potevano meglio celebrare i cento anni dalla scomparsa del grande drammaturgo russo, Anton Cechov.
Grazie al Maestro Dodin e alla Compagnia del Maly Drama Teatr di San Pietroburgo per le tante emozioni che, in questi anni di presenza in Italia, ci hanno regalato, e siamo certi, ci daranno ancora con i loro futuri spettacoli, che rappresentano sempre un momento di indubbia consapevolezza e crescita della cultura teatrale del nostro Paese.

ANNA MARIA GUARNIERI
Attrice di straordinario valore dalla vasta, meritatissima catena di successi, sempre limpida, rigorosa nell’interpretare i suoi numerosi, differenti personaggi femminili, donando loro complesse sfumature emotive, un chiaro, tenace percorso, dalla storica Compagnia dei Giovani alle molteplici esperienze in scena con maestri della regia quali Zeffirelli, Missiroli, Ronconi, Castri, mettendosi felicemente alla prova, con esiti di valore, anche alla televisione e al cinema, qui premiata in particolare quale superba protagonista, nel ruolo di Prospero, della Tempesta latelliana, un allestimento visionario e ardito, l’isola shakespearina una sorta di vertigine della memoria ad alto contenuto metateatrale, con echi dell’infanzia, il mondo dei giochi, tra sfumature di dolcezza, inquietudine, lucida malinconia. Ancora una volta coraggiosa la scelta di Anna Maria Guarnieri che ama le sfide, le forme della ricerca in continuo mutamento: un Prospero davvero indimenticabile.

WARNER BENTIVEGNA
Indimenticabile, pur se appartato, interprete di personaggi cui ha donato il suo volto tagliente, inconfondibile, come la magia di una voce ferma e meravigliosamente inossidabile allo scorrere del tempo, Warner Bentivegna incarna un ideale d’attore che all’alto magistero della recitazione unisce un’etica professionale dal profondo sentire, intellettuale ed umano, che sembra avere preso dall’educazione teatrale e dalla vita, quel che sempre gli è appartenuto.
Dei personaggi, classici o assolutamente moderni, riesce a catturare quel risvolto segreto che li caratterizza e li alimenta, mostrandocene, in una maniera essenziale, quasi disadorna, la febbrile tensione, il complesso meccanismo della forza e della vulnerabilità, il gioco ardito della ragione e dei sentimenti, il lato oscuro, ben protetto, del malessere inquieto e obliquo, di cui è pronto a mostrarne, senza alcun cedimento ad incombenti patetismi, l’umana pietà.
Una phoné sempre più matura lo porta, quasi naturalmente, ad ingaggiare in scena vere e proprie “sfide” recitative, in cui la parola è l’arma sovrana di conflitti in continuo divenire.
Bravissimo nei recenti spettacoli di Luca Ronconi, perfetto e straordinario nella Peste di Camus diretta da Claudio Longhi, Warner Bentivegna rappresenta per molti di noi la figura corretta del grande attore, come ce lo siamo sempre immaginato.

CESARE LIEVI
Regista, direttore del Centro Teatrale Bresciano, Cesare Lievi incarna la figura di intellettuale tout court del teatro italiano, capace di declinare sulla scena con esiti sempre alti il proprio rigore estetico, sia che si tratti di percorrere le strade di una ricerca drammaturgica autonoma, sia che si tratti di scandagliare testi consolidati della letteratura teatrale. Artista di raffinato talento, Lievi è stato capace di proporre il proprio multiculturalismo in una sintesi registica forte, di plastica evidenza, ricca di riferimenti pittorici, di segni e simboli che non alterano la carne viva del teatro che è la Parola ma, anzi ne esaltano e ne vivificano i contorni. Proprio come è avvenuto in questa stagione teatrale con la messinscena de La brocca rotta dell’amato Kleist, lucido esempio di asciuttezza registica attraverso cui Lievi è riuscito ad equilibrare i due magnifici protagonisti, Gian Carlo Dettori e Franca Nuti, con quel sottobosco di figurette ambigue, in bilico tra furbizia e ingenuità, sempre in scena e senza vie di fuga. Proprio come è avvenuto con l’Alcesti o la recita dell’esilio di Giovanni Raboni, in cui la rilettura del mito si carica di valenze contemporanee inquietanti risolte dal regista con una lettura sorvegliata, mai invadente, tesa a sottolineare la metafora del teatro come ultimo rifugio dell’arte e del pensiero.

MICHELA CESCON
Un percorso severo e intrigante nella scelta dei personaggi e dei testi da rappresentare ha affinato sempre di più il naturale, grande talento di Michela Cescon, straordinaria e giovane attrice del nostro teatro, ed anche del cinema più innovativo. La sua qualità di fare del “corpo” e della “voce” i segni portanti e decisivi del suo linguaggio scenico, la collocano fra le principali interpreti di un teatro che è nello stesso tempo di costante ricerca e alta tradizione.
Talmente brava da non concedere nulla alle facili seduzioni di un già sapiente mestiere, raggiunge il cuore dei suoi personaggi per le vie semplici e naturali dell’intelligenza e della passione scenica, riuscendo quasi a mostrare agli spettatori il suo stesso itinerario di studio e conoscenza, pervenendo in tal modo, ad una originalissima condivisione delle sue emozioni.
Così accade nel suo recente spettacolo Giulietta (degli spiriti), in cui un lavoro intimo, segreto, viene come disvelato in scena in tutte le sue complesse e poetiche articolazioni, fino a raggiungere momenti di forte e trasparente espressività.

COMPAGNIA DELLA FORTEZZA, ARMANDO PUNZO
Con I pescecani, seconda tappa di un percorso – originalissimo, come tutti i loro percorsi– su Brecht e L’opera da tre soldi, questi straordinari interpreti “totali” – in tutti i sensi – hanno esteso ancora il campo di una ricerca su loro stessi, sulla loro espressività e corporeità complementare alla ricerca compiuta sui limiti, sui confini, sul senso stesso del fatto teatrale. Sotto la guida di Armando Punzo, gli attori della Fortezza hanno presentato loro stessi stavolta in una chiave graffiante, satirica, che gioca sulla loro fisicità, sia pure contraddetta ironicamente da una chiave di ambiguità sessuale provocatoria quanto improbabile. Uno spettacolo che è riuscito ad uscire dal carcere e da Volterra per farsi applaudire anche dal pubblico dei teatri; uno spettacolo anche che, pure nella assoluta libertà di reinvenzione de L’opera da tre soldi, riesce a restituire la carica di corrosiva, tagliente denuncia di Brecht e quello che resta, di più incisivo e attuale, del suo spirito.

EMMA DANTE
Attrice, drammaturga e regista, Emma Dante si è imposta all’attenzione della scena italiana con due spettacoli che sono già entrati nella storia del teatro di questi ultimi anni, mPalermu e Carnezzeria: due sorprendenti rappresentazioni che mostrano un inedito, ma forte, affascinante miscuglio dei generi e dei linguaggi espressivi, giungendo ad esiti di travolgente efficacia visiva, come della parola e del movimento. Mai, comunque, splendore di immagini fini a se stesse, ma legate sempre ad un sentimento della vita di raro spessore poetico, e ad una cultura delle tradizioni intese come patrimonio ineliminabile per qualsiasi nuova avventura teatrale.
Una scrittura scenica sorvegliatissima, attenta ad ogni impercettibile particolare, arricchisce di senso qualsiasi gesto e movimento si compia su un palcoscenico trasfigurato da visioni del mito e da quelle della contemporaneità.
È come se nel radicarsi di una intuizione, o di una idea, si avviasse, nella stessa maniera, per affermarsi, la scoperta incessante di nuove forme e di una più intensa e suggestiva, e più vera realtà.
Con la sua ultima Medea, un gioco scenico perpetuo, inesauribile per fantasia e pertinenza si arrichisce di sonorità arcaiche, manifeste, dove ogni cosa si tiene attraverso un principio di azione scenica superbamente ininterrotta, dove un vivacissimo gruppo di attori commenta, custodisce e rivolta, in fertile distonia recitativa, le anime dannate di Medea e Giasone, trasformate da personaggi a persone.

DAVIDE OTTOLENGHI/ GIOELE DIX
Per il suo intelligente, spiritoso Edipo.com dove è protagonista di gran classe, ammiccante ed ilare ma anche colto e profondo, una bella teatralità com’è raro incontrare, sapendo far dialogare con leggerezza più livelli, il disagio del vivere quotidiano e l’opera di Sofocle, quel radicato senso di colpa, totalizzante e immotivato, e il mito nelle sue sconfinate interpretazioni.

PAOLA PEDRAZZINI, FEDERICO TONI
Premio della critica ai direttori artistici Paola Pedrazzini e a Federico Toni per aver costruito in territori diversi eccellenti stagioni, spettacoli scelti con competenza, con i caratteri della contemporaneità e capaci di dialogare con il pubblico, in continua crescita, arricchendo con incontri, approfondimenti, la cultura teatrale del territorio.

A Federico Toni in particolare per Tracce di Teatro d’Autore, centro promotore Pieve di Cento, una stagione che, inanellando più comuni della provincia bolognese, ha saputo creare preziose sinergie arrivando a contribuire alla realizzazione del CD dedicato alla Compagnia della Fortezza e allo spettacolo Braccianti con Armamaxa, un prezioso collegamento tra nord e sud.

A Paola Pedrazzini in particolare per aver creato, nel territorio di Fiorenzuola, ancor prima del completamento del restauro del bel teatro storico, un vasto pubblico, sensibilizzato ad opere di pregio, riuscendo anche a creare una bella rete d’attenzione a livello nazionale, quest’anno con il convegno dedicato alle nuove geografie del teatro.

FILIPPO TIMI
Intensità d’interpretazione seguendo le invenzioni di Giorgio Barberio Corsetti, e poi ancora in Polaroid molto esplicite, East, The age of consent, La morte di Danton, fanno di Filippo Timi un attore in cui l’invenzione, il gesto, la parola, fusi in una dimensione d’intensa fisicità dilatano spazi d’immaginazione generosi e coinvolgenti. Nel suo essere attore proiettato verso ampiezze di drammaturgie internazionali, alla ricerca di soluzioni interpretative di grande respiro e di coraggiosa realizzazione, ne riconosciamo il talento ed il piacere per vittoriose sfide teatrali.

ARTURO CIRILLO
Attore e regista affascinato dal confronto con una tradizione vissuta non come peso, ma piuttosto come sterminato territorio d’invenzione, Arturo Cirillo ha creato spettacoli di generosa felicità drammaturgica ed interpretativa, ritrovando le tracce degli umori di Eduardo Scarpetta prima e di Annibale Ruccello poi, e fondendone i segni in una straordinaria continuità d’invenzione. Così la sua messinscena de L’Ereditiera, esaltando la scrittura originale ne moltiplica i tempi e le relazioni, i ritmi e le ironie, offrendo ai suoi attori ed a se stesso, strepitose possibilità di sintonia con la memoria di un antico teatro e la novità di un teatro presente.

DANIELA NICOSIA
La sua sfera d’azione è molteplice e poliedrica: è creatrice di spettacoli caratterizzati da un’intensa drammaturgia dello spazio scenico, come il recentissimo Polvere ovvero la Storia del Teatro – che mette sapientemente in relazione strutture architettoniche e teatro, creando nessi e suggestioni che sanno commuovere. Svolge con passione e competenza attività di produzione e ospitalità dedicata all’infanzia e alla gioventù, ambito nel quale ha elaborato un linguaggio scenico innovativo e realizzato un progetto di educazione teatrale Comincio dai 3 presso il Teatro Comunale di Belluno. È direttrice artistica della Stagione di Prosa e di quella di Teatro Contemporaneo DOC, che appaiono espressione di un pensiero teatrale articolato e innovativo, esteso anche al Festival Filo d’Arianna, giunto quest’anno al suo decennale. Ha saputo operare a favore di un radicamento della cultura teatrale in un territorio particolare quale quello della Provincia di Belluno, grazie alla creazione di Tib Teatro, una struttura di produzione competente, agile ed efficace, caratterizzata da un team di lavoro professionale ed entusiasta.

GIUSEPPE GRISOLINI MALATESTA
I suoi costumi, visivamente belli e contenutisticamente pregnanti, sono frutto di invenzione più che di riproduzione filologica di un ambiente o un’epoca. Essi appaiono non tanto espressione della psicologia dei personaggi, quanto elaborazione visiva di un’analisi psicoanalitica approfondita e acuta. Attraverso il suo lavoro non emerge un quadro realistico del contesto dell’opera teatrale, ma una rappresentazione finemente simbolica, come nel recente George Dandin, prodotto dal Teatro Stabile di Catania e da quello del Veneto, di cui è abituale collaboratore. Nell’allestimento ha, infatti, portato alla vista degli spettatori la complessità interiore dei personaggi, facendo degli abiti un simbolo del loro animo e delle loro intime pulsioni. La sua è una creatività che lo accomuna all’alta moda e che per lo stile, il gusto coloristico e la concezione dei vestiti come sculture lo avvicina alla produzione di Roberto Capucci.

MARIO SCACCIA
Eccellente interprete nella sua lunghissima carriera di personaggi d’eccezione, ha traversato da protagonista la storia del teatro italiano dal dopoguerra fino ai nostri giorni lasciando una traccia indelebile, artisticamente connotata. Inimitabile e unico soprattutto nei ruoli antinaturalistici, nei quali la sua maschera stralunata crea dei tipi indimenticabili, come è stato per Chicchignola nell’omonima commedia di Petrolini, egli dà vita con sapienza scenica anche a figure di più pacata espressività. Tale in tempi recenti il personaggio di Goldoni, inquadrato con sensibilità nella sua dolente vecchiaia, segnata dalla solitudine e dalla malattia, nei Mémoires con la regia di Scaparro, e il vibrante Tiresia, strenuo difensore della verità, nell’Edipo re di Roberto Guicciardini al Teatro Greco di Siracusa.

MARCO CONSOLINI
Docente all’Istituto di Studi Teatrali dell’Università Parigi III, Marco Consolini si è imposto negli ultimi anni come originale e rigoroso esegeta della scena francese novecentesca. Ed è proprio grazie all’impegno di Consolini – già autore di un denso studio sulla rivista militante Théâtre populaire e di un acuto saggio dal titolo Rivolte, utopie e tradizione nel teatro francese – che ha visto la pubblicazione uno dei libri che lo scorso anno sono riusciti ad attirare maggiormente l’interesse della critica militante e accademica: il volume Sul teatro di Roland Barthes, di cui Consolini è curatore, nonché firmatario di una sottile e attenta introduzione dedicata all’indagine dei rapporti che hanno legato Barthes al teatro. L’opera raccoglie materiale in gran parte inedito nel nostro paese e permette di conoscere in maniera approfondita e puntuale un aspetto poco noto dell’attività di Barthes, quella di critico teatrale e di teorico della scena.

PAOLO PIEROBON
Attore fra i più interessanti delle ultime generazioni, formatosi alla Civica scuola Paolo Grassi di Milano, Paolo Pierobon può già vantare una solida esperienza sul campo e una costante ricerca della maturazione artistica che lo ha portato a prove di assoluto interesse. In queste ultime stagioni è passato dai toni bruschi e un po’ maneschi del commissario dal maglione dolcevita di una commedia sorprendentemente esilarante come Morte accidentale di un anarchico di Fo, con la regia di Bruni e De Capitani, agli accenti di beffarda tracotanza e di livida disperazione dell’Hamm di Finale di partita di Beckett nella regia di Lorenzo Loris. In quest’ultima interpretazione Pierobon regala al pubblico accenti per certi aspetti inediti del suo personaggio, scartando un certo beckettismo metafisico di maniera per affermare toni e atteggiamenti di rotonda corposità e di truce evidenza, quasi il rapporto con Clov e i genitori vivesse di una sua sotterranea e carnale contiguità.

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